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Gheddafi e Bin Laden: due in meno.
"Gheddafi è bin laden: due in meno. Sai quanta gente hanno ammazzato?" Queste le voci del popolo.


Gheddafi e Bin Laden: due in meno. "Gheddafi è bin laden: due in meno. Sai quanta gente hanno ammazzato?" Queste le voci del popolo.

Chi ha visto in Televisione il cadavere di Ghaddafi martoriato, non può che rimanere indignato. Non si capisce con che coraggio possano aver ridotto il dittatore libico nelle condizioni in cui sono stati sicuramente ridotti certi loro conoscenti, parenti, amici dal dittatore e dalla Guerra di Libia 2.0 (la 1.0, giusto 100 anni prima, fu inaugurata dall'Italia nel 1911).

Violenza chiama violenza. Come ci si può fidare del nuovo governo libico ora che sappiamo come è stato brutalmente eliminato il nemico nonché ex-capo? Cosa saranno dunque disposti a fare i "nuovi" libici contro ogni loro nuovo loro avversario?

Sai quanta gente hanno ammazzato? No, io non lo so, ma per esempio Bin laden ha di sicuro fatto meno vittime con l'attentato del 11 settembre 2001 che i signori della Nestlé in Africa. O di una qualunque industria petrolifera affermata. O degli incidenti stradali provocati dalla semplice paura di prendere l'aereo prodotta dallo stesso attentato del 2001. Solo che di industrie auomobilistiche, petrolio, e grandi multinazionali ne abbiamo bisogno. Mentre Gheddafi non serviva più. Via! E via è stato mandato.

Gheddafi non è altro che il partigiano che ha liberato la Libia dalla colonizzazione italiana, "impero" coloniale che usava portare migliaia di persone in citta disperse nel deserto e farle morire di fame, di sete, di stenti. Solo per liberarsene, per liberare terreno occupato e disinfestare il territorio. Qualcuno se lo ricorda qua in Italia? No. E' questa l'unica risposta realistica.

Gheddafi ha le sue enormi e tristissime responsabilità. Ha fatto sparare con armi militari, da guerra, sulla folla che manifestava. Però la libia era riuscita insieme a lui ad ottenere il più alto reddito del nordafrica e ad imporsi in certi accordi internazionali che prevedono un certo coraggio dall'amministrazione. Coraggio che in genere non hanno gli stati nordafricani a causa dell'imperante corruzione.

Noi italiani si può dire che siamo in debito con la Libia, in primis, per la colonizzazione, ed in secondo luogo, con tutti i paesi sottosviluppati del pianeta per il nostro modo di vivere il consumo e per tutte le scelte della nostra vita prese senza conisderare gli effetti distruttivi sul resto del pianeta.

21 ott 2011

Peer-to-peer lending: prestiti solidali
Peer-to-peer lending, social lending, peer-to-peer investing o come altro si voglia chiamare questo fenomeno, la cosa si presenta in modo interessante. Per chi non lo sapesse si tratta - in breve - di prestiti volontari (senza nessun guadagno per il prestatore), da privato a privato, diretti a precisi destinatari nel mondo, specie nei paesi poco sviluppati. Questi prestiti sono mediati da organizzazioni no-profit (a riguardo ne parleremo più avanti) che sia appoggiano su piattaforme web, in stile social network.


L'articolo che leggerete non ha né scopo esaltativo né derisivo o particolarmente critico, ma intende proporre un'analisi del funzionamento di diversi sistemi e della loro effettiva efficacia.

Approfondiamo un momento il funzionamento generale. Nel mondo esistono molte persone disposte a prestare soldi, a titolo gratuito, ad altre persone, che vivono in condizioni disagiate in paesi poco sviluppati, che potrebbero effettivamente migliorare le loro condizioni di vita se avessero a disposizione - in prestito a bassi o nulli interessi - un piccolo capitale da investire. Da qualche anno - grazie al Web e ai suoi sviluppatori - possiamo utilizzare questi siti web di social lending per selezionare le persone a cui vogliamo effettuare il prestito e contribuire, con una certa somma, a raggiungere il capitale che a loro serve.

Il sito di social lending agisce generalmente in una di queste due modalità: o seleziona direttamente i destinatari del prestito e li elenca e descrive dettagliatamente sul proprio sito web mettendo a disposizione dell'utente la possibilità di scegliere a chi prestare i propri soldi (in funzione dello scopo, dell'affidabilità percepita, delle probabilità di successo dell'investimento, del grado di criminalità in quell'area geografica, etc.); oppure, tramite delle agenzie di credito e micro-credito locali, si fa inviare le schede - sempre ben dettagliate - dei soggetti che richiedono il prestito e effettua il versamento del denaro offerto dall'utente web alle agenzie di credito.

Mentre la prima modalità è in genere più trasparente e diretta, la seconda si assoggetta al tasso d'interesse richiesto dall'agenzia di micro-credito (spesso i tassi sono bassi, ma si sono verificati casi con tassi anche molto alti) e spesso agisce sulla selezione dei soggetti richiedenti il prestito in modo statistico: l'agenzia di micro-credito presta subito il denaro a chi essa ritiene, pubblica il fascicolo riguardante il destinatario del prestito e aspetta che il prestito venga rimborsato dagli utenti del sito di social lending. Se il prestito non viene rimborsato, il sito di social lending non versa il denaro relativo a tale prestito all'agenzia di micro-credito. Tuttavia il prestito è stato comunque effettuato e l'agenzia di micro-credito, seppur incentivata a cambiare strategia di selezione dei propri clienti, essa rimane libera di prestare i soldi a chi desidera, pur a suo svantaggio. (Questo passaggio oltretutto non è chiaro come è stato qui spiegato, ma ci si augura avvenga circa così).

Il sito di social lending più famoso, Kiva, agisce proprio nella seconda modalità. Mentre ad esempio agisce nella prima modalità EiC (Energy in Common). Quest'ultimo ha anche un'altra notevole particolarità: incentra i suoi prestiti esclusivamente su progetti di passaggio a fonti di energia alternativa: istallazione di pannelli solari, illuminazione con torce a enegia solare, piccole centrali di ricarica batterie cellulari a energia solare, etc. Questo sito web tuttavia è ancora agli inizi, ma ci si augura possa ampliarsi.

Autosostenibilità Un concetto spesso sottolineato da queste organizzazioni è la propria autosostenibilità: se il progetto non riesce ad autosostenersi - economicamente - col passare del tempo, allora è destinato a fallire prima o poi, all'esaurirsi del capitale di lancio. Perciò molti di questi siti detraggono una percentuale sul prestito (Kiva) oppure suggeriscono una libera donazione del 15% (EiC), che può essere aumentata o diminuita a piacere dell'utente.

A conclusione, una lista di utili raccolte di informazione per comprendere meglio il funzionamento, i vantaggi e gli svantaggi:

3 ago 2011

AltroConsumisti
La rivista che protegge i consumatori. Sì perché fondamentalmente sembra che questo siamo diventati noi tutti, uno per uno: dei meri consumatori, utenti di chi decide il prodotto, decide quanto, come e perché consumarlo. Si va dal detersivo, al medicinale, all'ASL e persino alla scuola, all'università.


Tutto fa merce, tutto fa scambio, tutto fa pubblicità. Lo stesso governo a che cosa serve? Ma sì, giusto, serve solo modellare gli utenti sulla forme più assurde ed anti-logiche della grande produzione industriale. E l'università? Lo stesso. Dobbiamo produrre di più, servono più tecnici, più ingegneri, più economisti. E più avvocati, «sennò quei rompiballe di AltroConsumo potrebbero tutelare troppo la loro classe e permettere scarsi guadagni ai grandi produttori. Non sia mai.» «Ma no, non essere così negativo, l'hai mai letto AltroConsumo?» «No, io, figurati!» «Ah, ecco, sennò cambieresti idea».

Sì, credo proprio di sì, e chi ha mai letto la rivista AltroConsumo dovrebbe avere un idea diversa: dalla prima all'ultima pagina c'è una lunga sfilza di pubblicità su come spendere i propri soldi nel modo più furbo. Qual'è il deodorante per bagno più profumato e più concorrenziale? Ecco subito un bellissimo articolo che ne elenca una decina è fa un'accurata disamina su quale sia più conveniente. Mai - mai - una semplice riflessione sul fatto che forse il deodorante da bagno è evidentemente un inutile spreco di danaro, che alla fine ti riempie il bagno di un olezzo che ha poco a che fare con la vaniglia o il muschio bianco.

Come risparmiare per poi poter consumare di più. Ecco fatto. E poi alla fine i soldi in tasca sono gli stessi e lo stesso per quelli donati all'industria dell'inutile lusso.

«La stampante nuova con già le cartuccie costa meno del ricambio delle sole cartuccie. Non buttate denaro nei ricambi, comprate una stampante nuova di pacca ogni volta che finiscono le cartuccie. Usa e getta, come le lamette da barba.». Peccato che 8 kg di stampante (plastica, rame, metalli, energia e tempo di lavorazione) finiscono nella spazzatura. Senza nessuna particolare esigenza igenica per adottare un usa e getta. L'energia libera si disperde e l'entropia aumenta. Non sto parlando di meditazione yoga bensì di termodinamica.

Non se se qualcuno vi ha mai raccontato la favola dell'Entropia. Non la conoscevate? Ve la racconto io. E non sarà l'ultima volta che lo farò.
C'era un mondo in cui l'energia disponibile era una quantità definita (1000 mele sono 1000 mele, un numero definito). In questo mondo un certo Luomo, vedendo inizialmente una grande, enorme quantità di energia a disposizione credette a lungo che questa fosse non solo molto grande, ma si illuse addirittura che fosse infinita. E così Luomo iniziò a farne un uso sempre più abbontante per fare ordine nel suo ambiente e esplorarne sempre più. Quando però Luomo scopri l'energia essere limitata (1000 mele sono tante, ma se le si mangia man mano, prima o poi finiscono, no?), decise di non tenerne conto, di far finta di non conoscere la brutta notizia e continuare come prima. Col tempo però divenne sempre più difficile per Luomo combattere la sua invisibile - ma sempre più invadente - nemica, di nome Entropia, dea del disordine e della dispersione di materia ed energia. Succedette dunque che Luomo ed Entropia giunsero ad uno scontro finale, fatale al forse per Luomo, ma non certo per l'Entropia, immortale divinità in perenne espansione. La favola non è ancora stata conclusa, ma speriamo finisca con un "E vissero felici e contenti, ancora per un tempo che fosse il più lungo possibile".


Una metafora vale quel che vale, quindi abbandoniamo questi due misteriosi personaggi e torniamo a noi. Difendersi in quanto consumatori non permette molta auto-stima allo stesso consumatore, limitato in questo suo ruolo estremamente passivo e parziale. L'uomo è spesso produttore e consumatore al tempo stesso, in quanto produttore, secondo le leggi del libero mercato, specula su ciò che poi acquista e consuma, e dunque si sente sfruttato e truffato, ma non capisce che chi lo truffa è talvolta il proprio il sistema. Egli, in quanto produttore, deve ogni anno cercare di produrre sempre di più affinché il proprio alter-ego-consumatore possa acquistare a prezzi più concorrenziali, e producendo di più, dovrà vendere di più, ma a chi? Se non aumenta il numero di consumatori (e già siamo in tanti su questa Terra... ancora una volta: non si può basare il proprio futuro in un aumento infinito all'interno di un sistema limitato, è anti-logico) sarà stesso il proprio alter-ego-consumatore a dover spendere e comprare di più per tenere in piedi l'azienda che gli da lavoro e stipendio. In questo caso, il circolo si definisce tecnicamente come vizioso. E a guadagnarci sarà solo l'entropia, il consumo di risorse energetiche e materiali - ancora una volta: limitate.

Il futuro del mondo? Usa e getta, forse anche quello. Poi, dopo, non saprei.

11 dic 2010

Il crollo dell'economia mondiale: l'unica soluzione?
Sembra un paradosso, è vero, ma perchè? Forse siamo solo convinti che l'economia attuale (quella del libero mercato capitalista, basato sul continuo sviluppo di produzione ed efficienza)sia tutt'uno con l'esistenza dell'uomo e se dovesse crolllare l'economia moderna crollerebbe sotto di essa anche l'uomo moderno. Ma perché mai dovrebbe essere così! Sono stati ipotizzate decine e decine di sistemi economici alternativi al nostro, e solo alcuni sono stati testati o attuati, con più o meno successo: in primis il comunismo sovietico (quello russo degli inizi, basato - almeno concettualmente - sui soviet) e il socialismo statalista successivo, adottato largamente anche da paesi come la Cina. Questi due sistemi , per come sono stati attuati (sottolineo) non hanno resistito alla velocità del resto del mondo e alle spinte corrosive interne.

Ma torniamo al problema del capitalismo: lo sviluppo. Una recente ricerca scientifica, pubblicata on-line su "Climatic Change" e guidata da Tim Garrett, metteva in evidenza che se paragoniamo la civiltà umana ad una macchina termica che consuma energia e la trasforma in lavoro, che a sua volta alimenta la richiesta di energia, vediamo che - considerate le risorse planetarie fisicamente limitate come quantità - la macchina dovrà prima o poi spegnersi dopo aver consumato tutte le energie esistenti ed aver superato le capacità (non in crescita ma stabili) di recupero energetico della terra. Dunque qualsiasi tipo di sviluppo della produzione porterebbe necessariamente allo spegnimento della macchina-civiltà. Garrett infatti ha analizzato il rapporto tra tasso di impiego dell'energia e produttività economica accumulata, che si aggirava attorno ai 9,7 milliwatt per dollaro nel 1990 e questo rapporto sembra non sia mutato sin dagli inizi della grande produzione energetica. Quindi il risparmio energetico e la maggiore efficenza ottenute progressivamente negli anni non hanno affatto rallentato il ritmo di consumi energetici, la cui crescita è rimasta costante negli anni, ma hanno semmai generato un effetto rimbalzo: "l'energia costa di meno ed è più efficente: allora ne uso di più!". Infatti se semplicemente volessimo stabilizzare la produzione di CO2 globale ai livelli attuali dovremmo compiere un'enorme spesa energetica, di circa 300 gigawatt all'anno, vale a dire che si dovrebbe costruire un nuovo impianto nucleare di medie dimensioni ogni giorno!

L'alternativa allo sviluppo dunque qual'è? E' il non sviluppo, è il raggiungimento di un livello compatibile con le capacità del pianeta di mantentere costante la sua salute: ovvero il livello per il quale si manterrebbe costante la produzione di energia e risorse da parte della Terra ed il conseguente consumo da perte degli uomini. Tra le proposte di maggior rilievo spicca il concetto di "decrescita", che in poche parole fa leva su questi due elementi chiave: primo, l'aumento dellla produzione non genera ben-essere ma produce solo ben-avere (aumento dei beni posseduti) e, secondo, uno sviluppo della produzione infinito e continuamente in crescita (ovvero ciò che avviene dall'inizio dell'era industriale) porta in tempi più o meno brevi al superamento della velocità di riproduzione delle risorse naturali che si sfruttano per mantenere attiva l'economia e la civiltà moderna. Con ciò la decrescita non intende diminuire i livelli di "modernità" e benessere delle persone, ma vuole rivedere le accezioni positive del termine "modernità" e proporre un'economia semplicemente più lungimirante.

Allora qual'è la ricetta di Tim Garrett? La ricetta è proprio far crollare l'economia, perché no? Se fossimo certi che questa fosse la migliore o l'unica soluzione, si potrebbe pure seguire il quasi provocatorio sugggerimento di Garrett. Il problema è che non ne siamo sicuri e non sembra affatto evidente. Tuttavia ci sono dei segnali quasi obiettivi che possono essere interpretati facilmente come causa di un problema alla base del sistema economico, nella sua caratteristica principale, lo sviluppo, che è infine il protagonista di questa crisi economica globale, uno sviluppo nelle vesti della sovrapproduzione.

FONTI
19 lug 2010

Il quotidiano fa cultura?
Il quotidiano strumento di formazione e di approfondimento culturale di cui ogni cittadino civile dovrebbe fruire ogni singolo giorno... Ecco, lo scopo di questo articolo è proprio quello di mettere esplicitamente in discusione questa affermazione secondo uno sguardo quanto più razionale possibile.

Vediamo un po', vediamo un po' come è fatto un giornale (mi riferisco a quei giornali che ogni cittadino dovrebbe leggere): prima di tutto il formato. Il foglio è grande e perciò scomodo, ed è scritto in piccolo, mentre la carta è sottile e povera, di conseguenza positivamente piùttosto ecologico.

Bene, ora i contenuti: la prima pagina ha grandi titoli, che di sicuro sottolineano quelle che secondo i redattori sono le notizie più importanti. Si notano subito però le prime pubblicità, già ai lati del titolo e a fondo pagina, pubblicità di cui solitamente non importa nulla a nessuno ma occupano almeno 1/6 della visuale del lettore.


Le pubblicità poi continuano nelle pagine seguenti, occupano circa 1 pagina su 5 (quindi il 20%), impressionante solo se ci si fa attenzione, altrimenti i messaggi promozionali entrano nella mente senza troppa fatica (e poi ci ritroviamo a sapere a memoria lo slogan di ogni azienda, dalla Tassoni delle bevande alla Breil di gioielli e orologi).

Ora i contenuti delle prime pagine: politica interna e politica estera per i giornali migliori (gli altri passano subito al gossip e soprattutto alla cronaca nera) sono un classico "Berlusconi in visita in ..." o "Le candidature delle regionali..." o ancora "E' scandalo per le tangenti...", spesso questioni strettamente nazionali, scandali personali politici (il 2009 italiano è stata un'annata degna di nota a riguardo) e continui dibattiti sulla solidità dei maggiori partiti (PD e PDL sono perennemente logorati da attriti interni e sono sempre sull'orlo della frattura, stando a sentire i media).

Poi quelle poche colonne dedicate alle questioni internazionali, minaccie di guerra continue tra USA ed il resto del mondo, per non parlare del monopolio mediatico della Striscia di Gaza, che compare praticamente in ogni edizione. A fianco, poi, sempre la crisi di qualche settore economico o, come nell'ultimo anno, di tutti i settori e i problemi dell'occupazione (pensare che Hitler nonostante la sua assurda politica era riuscito persino ad ottenere la piena occupazione: nessun disoccupato in tutta Germania, sfruttando però il trucchetto di abbassare i salari al minimo ed evitare comunque il malcontento popolare con i ben noti metodi della Germania nazista).

Infine, poco spazio rimane ai maggiori problemi dell'umanità - fame, povertà e tutti gli effetti conseguenti - e, quando si parla di Africa, spesso l'argomento sono le vacanze di tizio a Sharm el Sheik o al massimo il nostro - italiano - problema degli immigrati che sbarcano a Lampedusa, che sembrerebbe vadano ricacciati nel modo più economico possibile al loro paese.

Poi prende subito il sopravvento la parte che, a giudicare dalle dimensioni occupate, sarebbe quella più importante: la cronaca. La cronaca, quella nera, è infatti diventato forse il maggior argomento comune tra tutti gli italiani (altro che il processo di unificazione linguistica de "I promessi sposi", qui le proporzioni sono molto più notevoli...). Negli scorsi mesi tutti i 51 milioni di italiani sapevano prontamente chi fossero Olindo e Rosa della strage di Erba (strage: morte solo quattro persone) o Amanda Knox, Meredith Kercher e Raffaele Sollecito di Perugia o ancora Alberto Stasi del crudele omicio di Garlasco, per non parlare dell'ormai mitico delitto di Cogne.

Poi passiamo allo spettacolo e, vista l'abbondanza di critici di teatro e musica classica, ci sono sempre almeno tre pagine dedicate a questi argomenti, argomenti oggi di nicchia. Il perfetto contrario lo vediamo invece giusto qualche pagina dopo: lo sport. Argomento ultra-popolare a cui viene dedicato un approfondimento delle dimensioni di tutta la politica interna, estera e crisi internazionali. In Italia poi, tre quarti dello sport si chiama calcio e, con esso, calciomercato e gossip su giocatori e tecnici dallo spirito più televisivo che sportivo.

Infine dobbiamo ricordare tutte quelle pagine tecniche sparse qua e la, tra lunghi elenchi di deceduti, concorsi pubblici e aste giudiziarie, per non parlare delle quattro pagine dedicate alla Borsa.

Insomma c'è proprio una gran quantità di cultura ed un'ampia dose di informazione essenziale (e sempre neutra ed imparziale) che permette ad ogni cittadino di costituirsi da sè una ben precisa idea di come agire e di cosa scegliere nella nostra società. Per chi non lo avesse capito, la frase che ho appena scrittto è segnata da forte e palese ironia.

Si può cambiare?

Ora, per evitare che mi si dica "Lei critica soltanto, non propone nulla. Come lo teniamo sù un giornale, senza pubblicità? E poi, se la cronaca nera e lo sport interessano alla gente, perchè non dobbiamo dargliele?" per evitare che mi si dica proprio questo, proporrò delle soluzioni, più o meno radicali a seconda che il contesto lo richieda, soluzioni sicuramente discutibili e non perfette.

Prima di tutto, l'italiano medio, se realmente interessato, sarebbe disposto a dare anche qualcosa in più del singolo euro destinato al quotidiano medio che regge la concorrenza. Ma la critica è più radicale: l'italiano medio non ha bisogno di passare del tempo a leggere un giornale per sapere le novità del giorno, gli basta ascoltare il telegiornale mentre cucina o la radio mentre guida o, se ricerca una notizia specifica, può usare Internet, che permette approfondimenti e varietà (di conseguenza individua la dove si trova la neutralià della notizia) molto maggiori di quelle dei quotidiani ed evita di sprecare carta, che viene ogni mattina trasportata in gran ed eco-illogica velocità a tutte le edicole d'Italia (un costo decisamente significativo sotto ogni aspetto, se ci si pensa un istante).

In secondo luogo la cronaca ed in genere l'intrattenimento: la prima domanda da porsi è se le persone che comprano i giornali lo fanno anche per dedicare un intervallo di tempo della propria giornata all'intrattenimento personale (puro edonismo, in termini colti). A questo proposito l'italiano medio se desidera leggere un giallo non dovrà andare in libreria e comprarsi un libro giallo ma piuttosto andare in edicola e prendere Il Corriere o La Repubblica, se vuole un po' di colpi di scena e scandali compra Il Giornale o Libero, se vuole sentire quanto sono prepotenti i mussulmani, gli atei, i laicisti o quelli dell'UE compra Avvenire o La Padania, se si vuol sentire parlar male di Berlusconi si compra L'Unità o Il Fatto e così via (secondo me gli unici veramente divertenti sono La Padania e Avvenire, ma come ho già detto, all'italiano medio bastano le risate del Tg4 di Emilio Fede mentre cucina). Ce n'è per tutti i gusti, ma a cosa serve alla "civicità" del cittadino? Secondo me nulla o poco nulla, questo genere di cultura agisce solo in modo molto indiretto a favore della capacità del cittadino di scegliere civicamente, facoltà principale per definire un essere umano come civile.

Ce ne sarebbero tante altre da dire a riguardo, ma intendo fermarmi qua. Riepiloghiamo quindi un istante la tesi (ottima tecnica spesso utilizzata da B. Russell): il quotidiano ha poco a che fare con la capacità del cittadino di compiere scelte civiche/civili perchè a ciò contribuiscono solo le prime 5-6 pagine, il resto sono cronaca, spettacolo, sport, lettere etc. Per quanto riguarda l'aspetto dell'informazione invece essi sono sicuramente un discreto mezzo anche se spesso non hanno come scopo la neutralità dell'informazione, gli argomenti di un buon numero di informazioni proposte è dettato da interessi economici (massimizzazione delle vendite e della remunerazione pubblicitaria), e complessivamente il quotidiano che oggi troviamo in edicola è uno strumento per tecnici, per chi cerca informazioni dettagliate solo su certi argomenti (che principalmente sono finanza e economia, vita politica (privata e pubblica) e poi letteratura e sport).
28 feb 2010

Mike Bongiorno è stato grande per gli italiani... ma è stato grande per l'Italia?
Sì, è proprio questa la domanda: Mike Bongiorno ha fatto la storia della televisione italiana, ma che storia ha fatto? Verso quale direzione ha spinto la televisione italiana? La televisione di Mike Bongiorno ha aiutato veramente gli italiani e il progresso dell'uomo?

In questo articolo si vuole proprio approfondire quello che è stato veramente il personaggio di Mike nei fatti, nei propositi e nei pensieri.

Le già nascoste critiche riguardo la sua persona, che sono state sotterrate, con la recente morte, dagli innumerevoli elogi artistici e soprattutto affettivi della stampa italiana (che ha preso senza permesso il ruolo di portavoce di "tutti gli italiani"), sono state insabbiate nella sua fossa, nel cimitero di Dagnente, frazione di Arona (NO) sul lago Maggiore.

Sono solo pochissimi però ad avere lo spirito di andare a leggere tra le righe, di non fermarsi alla prima apparenza: il Mike delle telepromozioni, ve lo siete dimenticato? Non è stato forse Mike Bongiorno a promuovere la pubblicità televisiva? Ve lo siete forse del tutto dimenticati il Mike Bongiorno che passa a Mediaset e abbandona la RAI?

Insomma, vi siete dimenticati il Mike Bongiorno imprenditore "senza frontiere".

Mi chiedo quindi se siete contenti di avere una televisione piena di pubblicità, di terrificanti e subdole telepromozioni, di telegiornali come il TG4, eccetera eccetera. E se siete quindi rasserenati quando sapete di essere sottoposti alla legge assoluta dell'audience. Insomma mi pare che siate contenti di essere sfruttati per far questa volta fruttare il capitale delle grandi agenzie pubblicitarie, dei grandi marchi, delle emittenti con più audience.

A ragione la Repubblica, anch'essa in parte sottoposta alla legge della assoluta produzione di ricchezza, lo voleva Senatore a vita.

Se siete contenti di tutto ciò, accendete pure un lumino al caro vecchio Mike, "grande uomo della storia d'Italia", sennò ricordatelo solo come un simpatico e buon presentatore televisivo, punto e basta.
15 sett 2009

Ascanio Celestini, personaggio impertinente
Ascanio Celestini, un personaggio impertinente, nel senso positivo della parola - come ricorda Piergiorgio Odifreddi - che si impone con radicale semplicità in questo triste mondo dello spettacolo-spazzatura, diretto dal signor "Guadagno Assoluto" e coodiretto dalla signora "Minima Cultura". L'ultima uscita con lo spettacolo-concerto "Parole Sante" a Villa Arconati a Bollate, nelle vicinanze di Milano, fa sentire l'animo "comunista" dell'ormai celebre narratore-scrittore-attore e da poco anche cantante ma propone nel complesso una critica ai peggiori aspettti dell'Italia di oggi, ovvero il mondo della spazzatura fisica e anche politica, che attacca sprezzantemente ogni qulasiasi penoso riverbero del fascismo, ogni atto di "lanciare la pietra e stendere la mano" con un bel saluto romano, come mimato sempre simpaticamente da Celestini.

Insomma un varietà musicale, satirico e politico che attacca la Chiesa, i peggiori politici e le peggiori note che nel quotidiano vengono facilmente dimenticate (a partire dalle recenti parole di Cossiga sulle manifestazioni studentesche, fino ai problemi dellla spazzatura a Napoli), sempre con uno spirito di simpaticissima e comica amarezza.
22 lug 2009